Il recupero del patrimonio immobiliare è un tema centrale in Italia e riguarda il riuso degli edifici vuoti tanto pubblici che privati. La
scommessa è capire quali siano le qualità e le potenzialità di questi immobili, pensandoli come risorse.
Nel residenziale 2,45 miliardi di metri quadrati, ai quali se ne aggiungono 98 milioni in uffici, 164 di immobili commerciali, 458
industriali. Un totale di più di 3 miliardi di metri quadri di edificato in Italia, che indicativamente ne valgono 4,12 di euro, questi
enormi numeri sono formati: da appartamenti sfitti ma in ottime condizioni, fino a quegli edifici per i quali l’unico destino possibile
sarebbe la demolizione.
Il rilievo dello stato di fatto delle città italiane è indispensabile se vogliamo davvero capire cosa possiamo e dobbiamo fare.La condizione
del patrimonio edilizio italiano è grave ed ha i seguenti numeri:
– Il 55% degli edifici Italiani ha oltre 40 anni di vita, il 75% nelle città, oltre ad un quarto del 11 milioni di edifici italiani sono in
stato di conservazione mediocre o pessimo e si avvia rapidamente a fine vita;
– Oltre 6 milioni di edifici e 24 milioni di persone vivono in zone ad alto rischio sismico, oltre il 70% degli edifici sono stati
realizzati prima delle norme antisismiche;
– il 35% dell’energia consumata in Italia è per edifici, ed è pari a 48 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), un vero dramma
energetico che ci fa consumare 22 miliardi di euro ogni anno.
La Rigenerazione Urbana Sostenibile è la sintesi di una soluzione possibile, da declinare con un lavoro di ricerca-proposta che ci conduca a
un progetto per i prossimi vent’anni: ovvero la possibilità di rimettere mano alle città esistenti, rifacendo e rigenerando le costruzioni e
gli spazi pubblici, risparmiando energia, con strategie coraggiose su traffico e su rifiuti.
Il progetto è complesso e necessita di una grade competenza e capacità di sintesi. E’ un progetto dinamico che disegna la nuova città ma
anche gli strumenti di gestione, è un progetto di integrazione, partecipazione e di coinvolgimento con standard di qualità architettonica,
ecosostenibilità, innovazione tecnologica, con canali interattivi di relazione tra professionisti cittadini e amministrazioni e che riesca a
superare le separazioni tra architettura e urbanistica, tra megalopoli e quartiere, e che sostenga il nuovo modi di abitare, del cambiamento
climatico.
Dicono gli storici che l’eccesso burocratico sia il sintomo del declino di un Paese, ci auguriamo così non sia, ma è certo che la condizione
normativa in campo edilizio e urbanistico sia da tempo inaccettabile, perché:
– l’iper legislazione non ha impedito l’abusivismo, i danni al paesaggio ed all’enorme patrimonio architettonico, l’aumento dei rischi alla
sicurezza dell’habitat;
– la complessità normativa e l’incerteza del diritto ha contribuito in modo sostanziale ad impedire il rinnovo del patrimonio edilizio ed ha
allontanato gli investimenti;
– la logica giuridica che ha prevalso alla logica architettonica e tecnica costruttiva e che ha tolto la finalità e le utilità alle norme
vigenti.
La condizione del patrimonio edilizio italiano è pessima, un patrimonio di cui è proprietario l’80% degli italiani, promuovendo la
rigenerazione come cardine della strategia economica nazionale,si potrebbe garantire la sicurezza e la salute degli italiani, ridisegnando
le perifierie urbane e creando condizioni indispensabili per l’inclusione sociale, intervenendo sugli spazi pubblici e facendo delle scuole
i centri di incontro delle comunità. Gli architetti questo lo sanno già dal Rinascimento la stretta relazione-connessione che esiste tra la
città bella e la pace sociale, tra la qualità dell’habitat e lo sviluppo di un paese.