Potenzialità e limiti degli strumenti integrati nel recupero edilizio.
La conservazione degli edifici esistenti, soprattutto quelli d’importanza storica e monumentale, è una pratica sempre più congiunta alla loro regolare manutenzione. Ciò non implica solo l’adempimento corretto alle richieste normative in materia di salubrità, sicurezza e decoro, ma anche l’attuazione di tutti quei procedimenti e di quelle attenzioni che permettono di mettere ordine ai documenti che consentono di conoscere adeguatamente lo stato di salute dei fabbricati durante tutto il loro ciclo di vita.
Ristrutturazioni, restauri conservativi e interventi di miglioramento sono attività che i progettisti intraprendono il più delle volte investendo molto tempo nel recupero di atti e documenti sparsi, nel rilievo più o meno preciso delle situazioni in essere e nel coordinamento sempre delicato delle figure che intervengono lungo il processo. Quando poi i fabbricati hanno rilevanza storica, le richieste di Sovrintendenze ed organi di salvaguardia del patrimonio rendono le cose ancora più impegnative.
Se la tradizione costruttiva in Italia è comunque pronta ad affrontare il tema (la preparazione nei professionisti c’è, nonostante vi sia chi sostiene il contrario), il variegato quadro normativo a volte stenta a seguire le reali esigenze dei progettisti mentre gli strumenti della digitalizzazione, che molto promettono, scontano ancora diverse criticità dovute in massima parte alla loro origine in contesti edilizi e culturali molto diversi da quelli nazionali.
In tal senso, con specifico riferimento agli edifici storici ma non solo, la comunità scientifica internazionale si occupa da alcuni anni di Historic Building Information Modeling (HBIM), proponendo metodi, approcci e programmi informatici ritagliati sulle necessità di quanto già edificato.